Superata la fase più acuta della crisi, le PMI appaiono più forti ma in cerca di liquidità. Il 41% degli imprenditori italiani è ottimista, contro il 77% di quelli cinesi e il 50% degli inglesi. Un’analisi Forbes Insights
Il periodo più difficile è ormai alle spalle, ma l’impatto della profonda crisi economica mondiale del 2008-2009 pesa ancora su molte PMI, in bilico fra il timore di una ricaduta dei mercati e la speranza di un futuro all’insegna della stabilità e della crescita. Ricavi e profitti sono ancora poco incoraggianti, così come il cash-flow – a lungo considerato come il barometro dello stato di salute delle piccole e medie imprese – che è pesantemente influenzato dalla competizione sul mercato e della difficoltà di accesso al credito. Ciò nonostante, avendo superato il periodo più duro della crisi, molti imprenditori credono di averne guadagnato in efficacia nella gestione e pianificazione del proprio business, e sono fiduciosi.
Questo quanto emerge da una ricerca di Forbes Insights che ha coinvolto più di 1750 piccole e medie imprese di Canada, Cina, Italia, Singapore, Sud Africa e UK, con una rappresentanza statistica significativa di microimprese (meno di 10 addetti), piccole imprese (tra i 10 e i 49) e medie imprese (tra i 50 e i 250). Dopo aver tirato la cinghia per sopravvivere alla crisi, le PMI hanno ora come obiettivo primario quello di rimettere in sesto le proprie finanze così da poter rientrare in carreggiata non appena l’ambiente economico lo permetterà. Ripensando agli ultimi anni, il 31% degli intervistati segnala come principale difficoltà affrontata il difficile reperimento di nuovi clienti e prospect, seguito da problemi nella gestione del cash-flow (26%), e nel mantenimento o aumento dei margini di profitto (25%).
Venendo al nostro Paese, dalla ricerca emerge che le PMI italiane sono quelle che hanno dichiarato la minore crescita di fatturato negli ultimi dodici mesi, ed una su tre è preoccupata per le incertezze economiche. Le spine nel fianco sono la ricerca di nuovi clienti e di finanziamenti (rispettivamente per il 29% e il 25%), oltre ai ritardi nei pagamenti da parte dei clienti. Per quanto riguarda l’accesso al credito, solo il 12% delle PMI ha ricevuto l’intera somma richiesta come finanziamento, mentre il 32% ne ha ricevuto gran parte. In generale, per il 35% la capacità di accesso ai finanziamenti è peggiorata.
Meno della metà delle aziende (il 41%) guarda al 2011 con ottimismo e si attende un incremento del fatturato; per un raffronto, il 77% delle PMI cinesi si aspetta una crescita dei ricavi, così come il 70% delle realtà sudafricane e circa il 50% delle aziende britanniche.
Anche la percezione del mercato cambia sensibilmente a seconda della regione considerata: se per il 36% delle imprese cinesi il problema maggiore è il reperimento di nuovi clienti, per il 34% l’aumento della concorrenza e per il 30% individuazione di personale specializzato, le PMI italiane che prevedono una crescita del loro giro d’affari ritengono che una componente essenziale sarà il miglioramento della qualità dei prodotti e dei servizi, insieme con l’aumento delle vendite (il 33%). La qualità è considerata la chiave di volta dal 70% delle microimprese, per le quali i problemi di liquidità sono particolarmente pronunciati (denunciati dal 56%).